martedì 28 agosto 2007

Eyes wide shut

Eyes wide shut, di Stanley Kubrick (1999) Racconto di Arthur Schnitzler, Sceneggiatura di Stanley Kubrick, Frederick Raphael Con Tom Cruise, Nicole Kidman, Sydney Pollack, Nadison Eginton, Jackie Sawiris, Leslie Lowe, Peter Benson, Todd Field, Julienne Davis, Vinessa Shaw, Leelee Sobieski (159 minuti) Musica: Jocelyn Pook, Dmitri Shostakovic, Gyorgy Ligeti, Franz Liszt, W.A. Mozart Fotografia: Larry Smith Rating IMDb: 7.1
Giuliano
Ho sempre avuto grandi perplessità riguardo ad “Eyes wide shut”, a partire proprio dal titolo: dopo l’uscita del film ero andato a leggermi “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler, il racconto da cui è tratto il film, e ho scoperto con sorpresa che il film e il libro coincidono quasi perfettamente; Kubrick ha solo spostato il tempo dell’azione, dal primo Novecento ai nostri giorni. “Doppio sogno” era un titolo magnifico, perché Kubrick non l’ha usato?
Le perplessità riguardo al film si spiegano facilmente: il film non è del tutto finito, quella che vediamo era una copia “quasi” definitiva. Certamente, Kubrick avrebbe limato ancora qualcosa, ma non ne ha avuto il tempo. Oltretutto, Kubrick era molto lento e meticoloso e, di conseguenza, il film era in lavorazione da diversi anni: chi ha messo i soldi per produrlo cominciava a diventare impaziente. C’era anche la questione del protagonista, Tom Cruise, che personalmente trovo del tutto inadeguato (e in questo sono assistito da un illustre parere femminile: "attore senza finezze e senza mistero" dice Irene Bignardi di Tom Cruise su Repubblica 1.10.1999 ). Per un ruolo così, l’ideale sarebbe forse stato Jack Nicholson da giovane, all’epoca di “Easy rider” o di “Cinque pezzi facili” o forse – è un paradosso, ma mi serve per spiegare cosa intendo – Ugo Tognazzi da giovane, nel suo versante drammatico. Insomma, qualcosa di terragno e di sanguigno, di affidabile ma ambiguo; tutte qualità che Tom Cruise non ha mai avuto, e penso che Kubrick ne fosse cosciente ma che se lo sia fatto andar bene pur di poter fare il film.
Tante perplessità, dicevo, che mi sono portato dietro fino a ieri sera, quando – per puro caso, come capita sempre – ho ripreso in mano un libro di un autore con il quale ho un rapporto continuo da più di trent’anni, e il cui nome forse non vi dirà niente. Si tratta di Adolfo Bioy Casares, argentino, amico e collaboratore di Jorge Luis Borges. Il dialogo che mi ha colpito è questo:

(...) Vidal immaginò Faber, in agguato delle ragazze, acquattato vicino ai gabinetti, Rey che sbaciucchiava le mani di Tuna, Jimi eccitato come un cane.
"Sembrano grotteschi, ma non fanno ridere," commentò. "Offendono, piuttosto."
"A me non mi offendono. La gente è diventata troppo delicata. Io trovo che ogni vecchio si trasforma in una caricatura. C'è da morir dal ridere."
" O di tristezza."
"Tristezza? Perché? Non sarà che hai paura di entrare pure tu a far parte di questo carnevale? "
"Forse hai ragione."
"Alla grande sfilata di maschere."
"Ciascuno tira fuori a poco a poco il suo travestimento. "
"Che del resto non gli si adatta tanto bene," rispose Jimi, visibilmente stimolato dalla collaborazione dell'amico. "Sembra un costume preso in affitto. Di tessuto ce n'è in abbondanza. Uno spettacolo buffo. "
"Orribile, eh! È tutta un'umiliazione, ci si rassegna a essere deficienti, come i mascalzoni." (...)
(Adolfo Bioy Casares, “Diario della guerra al maiale”, 1969, editore Bompiani)

Ecco, questa associazione fra il Carnevale e il passare del Tempo, e la morte, mi ha fatto balzare davanti agli occhi alcune immagini: e sono proprio quelle di “Eyes wide shut”. Chi ha visto il film se le ricorda di certo: le lunghe sequenze di Tom Cruise nel negozio delle maschere, la grande scena dell’orgia, che di maschere è piena, e altro ancora. Ma la scena dell’orgia, che purtroppo è diventata subito famosa e imitata, non è delle migliori di Kubrick: è goffa, sembra girare a vuoto, non convince, e per di più la musica è molto brutta. E per un perfezionista come Kubrick questa imperfezione è molto strana; e non mi basta sapere che il film non è completamente finito, significa che qui c’è sotto qualcosa.
E finalmente ho capito: anche questo film, come “Io ballo da sola” di Bertolucci, è una Vanitas. “Vanitas” è il nome che viene dato ad alcuni dipinti del 500-600, dove al centro del quadro c’è una giovane donna fiorente, per lo più nuda, attorniata da simboli del passare del Tempo: una candela che si consuma, una clessidra, un teschio... Esempio clamoroso di Vanitas è il dipinto del Cagnacci che abbiamo già riportato qui, dove tutti questi simboli sono esposti in maniera chiarissima. In altri dipinti, tutto è più sfumato: si possono considerare “vanitas” (vanità delle vanità, tutto è vanità, dice il libro dell’Ecclesiaste, nella Bibbia) anche le nature morte, con un cestino di frutta meravigliosa destinata a non durare, e il famoso “Et in Arcadia Ego” – ma su questi argomenti cedo volentieri la parola a Solimano che ne sa più di me.
Una volta svelati questi passaggi (proprio nel senso di “togliere il velo”), il messaggio di Kubrick diventa chiaro, chiarissimo. E mi chiedo come mai non c’ero arrivato prima: il film comincia proprio con una giovane donna nuda, nel suo momento di massima bellezza, per di più davanti ad uno specchio. E’ una scena di nudo molto lunga, che ha fatto protestare i censori e che ha fatto sorridere molti per il “voyeurismo” di questo anziano regista, e dei suoi spettatori. Una volta ammesso (ebbene, sì) che vedere Nicole Kidman in quelle condizioni è una cosa molto piacevole per la quale noi maschi ringraziamo molto Kubrick, va però detto che la lunghezza di questa scena non è casuale, e che Kubrick non la avrebbe di certo mai tagliata. Questa scena è il punto di partenza di una Vanitas, che poi verrà sviluppata nel seguito della narrazione: appunto con le scene del Carnevale e delle Maschere.
Non conosco bene Schnitzler, e non so cosa avesse in mente quando scriveva “Doppio sogno”; ma per quanto riguarda Kubrick c’è un altro fattore fondamentale, ed è la musica. Si sa quanto sia importante la musica per Kubrick: e per questo film, come già accadde per “Lolita”, Kubrick ha scelto di non avere grande musica, ma musiche piuttosto convenzionali, da colonna sonora normale, commissionate per l’occasione. Con un’eccezione: proprio la scena iniziale della Kidman davanti allo specchio. La musica è un valzer, un valzer piacevole e leggero, ma è opera di Dimitri Sciostakovic. Sciostakovic, come Bioy Casares, è un autore che mi accompagna da parecchio tempo, e del quale posso dire molto cose. Per esempio, e Kubrick non poteva non saperlo, che ha due aspetti (all’apparenza opposti e poco conciliabili) che convivono in lui: una vena clownesca, divertita e divertente come in questo valzer, e una seria e profonda riflessione sui temi della guerra, e della morte. Sciostakovic trascorse la sua vita sotto Stalin, e della morte sapeva quindi molto. Non solo il percorso della sua musica segna il passare del Tempo, ma anche le fotografie che lo ritraggono, prese anno dopo anno, dicono molto.
Mi fermo qui, perché il post è già molto pesante. Questo è il testamento di Kubrick, e lui ne era più che cosciente. Continuo a pensare che sia un film poco riuscito, ma comincio a guardarlo con occhi diversi.
PS: Quando ho finito di scrivere questo pezzo, mi sono accorto che su Canale 5 era in programmazione “Eyes wide shut”. Che i diritti di questo film (e di altri) siano in quelle mani è veramente una cosa disgustosa. Spero che questa voga di spezzettare i film con la pubblicità finisca presto, dura ormai da un quarto di secolo e sarebbe ora di darci un taglio (a chi spacca i film in questo modo indecente, non ai film...)

15 commenti:

  1. Ho appena scoperto questo emozionante blog. Ho letto qualche post beccando quei film che amo o che mi hanno suscitato dei dubbi. Ecco, il post su "Eyes widw shut" è stato illuminante per quella Vanitas... svelata. Poi per Shostakovic, di cui amo quel valzer e del quale si sa sempre poco. D'accordo con la Bignardi, totalmente. Lessi "Doppio sogno" anni fa e sì, per il film ci voleva un altro protagonista. Non Tom.
    Ringrazierei anche per quel bel post su "Il gusto degli altri", film splendido, sottile, e per altro ancora.
    Finalmente ho trovato un blog che parla di cinema come lo cercavo da tempo!
    Laura

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  2. Cara Laura, su Shostakovic c'è un altro post in archivio.
    Grazie infinite per le belle parole, qui si fa quel che si può e non siamo certo critici cinematografici...
    Un inchino doveroso
    Giuliano

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  3. Vede, Giuliano? E' quasi mezzogiorno e già sono tornata a curiosare. Sì, quel post che mi segnala l'ho letto ieri, sul tardi, "scartabellando" in archivio. Sa, io i critici in genere li ascolto volentieri perché ti danno comunque qualcosa su cui riflettere, ma a volte trovo che abbiano linguaggio e pensiero un po'... cristallizzato in certe formule. Non so. Io preferisco voi. Si sente passione, voglia di indagare " al di là ", di interagire con le Arti (mi viene in mente uno degli ultimi post di Solimano o il suo tributo a Dimitri in "Eyes wide shut". Questo incuriosisce, invoglia a seguirvi. Almeno, a me fate questo effetto.
    E, Giuliano, la ringrazio dell'inchino che apprezzo con la delicatezza di una signora d'altri tempi ma, mi creda, non è il caso: le mie belle parole ve le meritate proprio tutte.
    Buona giornata
    Laura

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  4. Giuliano, quello che dici sulla scena dell'orgia (in effetti, inefficace) mi ricorda un'altra scena non del tutto efficace di Kubrick: la festa-incubo-allucinazione in Shining. Anche in quel caso c'erano numerosi personaggi impegnati in diverse attivita' sessuali; se non ricordo male, mascherati da pelusche, o con i volti deformati o putrescenti. Nello stesso film c'e' anche la famosa allucinazione in cui Nicholson si ritrova nel lussuoso e affollato bar dell'albergo a parlare con il barista-assassino: una scena, al contrario, efficacemente "trattenuta" e sottilmente sinistra.
    Mi verrebbero da aggiungere altre ipotesi alle tue.
    1) Kubrick aveva dei problemi a girare delle scene per cui mancassero dei solidi riferimenti iconografici (un quadro, una fotografia...).
    2) Kubrick, regista dell'ordine visivo, non riusciva a rappresentare il caos, se non in maniera "legata", quindi poco credibile.
    3) Il cinema di Kubrick e' sostanzialmente imitativo del reale (o delle rappresentazioni del reale): l'interiorita' dell'allucinazione o dell'orgia (in doppio sogno il protagonista vive l'esperienza dell'orgia quasi oniricamente, da cui il titolo) esce dalle sue corde.

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  5. Ringrazio anch'io Laura: ci lodi e ci critichi, quando ritiene che sia il caso, una critica è un valore aggiunto. Ma un complimento non cade mai per terra! Grazie.

    Giuliano, questo film l'ho visto una sola volta e lo debbo rivedere.
    Sul discorso "Vanitas" sono d'accordo, è il razionale per cui ho scelto l'immagine in alto e l'immagine in fondo. Anche sulla cosiddetta "Orgia": pur curioso dei tanti (troppi) nudi, mi annoiò, cosa grave, e si vedeva un po' troppo il perfettismo immaginifico, che è un po' il rischio di Kubrick.
    Anche riguardo a Cruise, la Bignardi è cattivissima, ma ha tutte le ragioni.
    A me piacque molto, oltre a Nicole Kidman da tutti i punti di vista (oh!!!) compresa la verità che ci mette nuda o vestita, mi piacque la scena di Cruise con quelle due che se lo vogliono intortare, e la Kidman alle prese, volente e nolente, col corteggiatore reale e poi con quello sognato (volente volente). Una singolare e vivacissima danza sull'orlo dell'abisso.
    E tante altre cose, specie la scena con Pollack attorno al biliardo rosso. Come musica, occorrerà investigare, a parte che ho notato che nel soundtrack listing c'è ancora Ligeti, da Kubrick molto amato.

    saludos
    Solimano

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  6. Caro Maz, sono assolutamente d’accordo sui primi due punti. Tanto più che, se sposti un attimo lo sguardo dalla schiena della Kidman (so che non è facile) , nella foto che ha messo qui Solimano si vedono facilmente non solo i quadri alla parete, ma proprio le candele della Vanitas. E, cercando bene, anche altri simboli salteranno fuori, perché uno come Kubrick non è tipo d lasciare particolari al caso.
    Però a me Shining sembra tutto molto ben riuscito, compresa la scena del bar, nella quale sembra davvero di entrare in un sogno o in una allucinazione (ci si entra lentamente, senza rendersi conto), diversamente dalla scena dell’orgia di “Eyes”, che rimane sempre finta e fredda. E direi che anche questo non è un caso. Se Leonardo o il Bronzino dipingono una figura non perfetta, bisogna chiedersi il perché; a un maestro di quella capacità tecnica non escono mai sgorbi... (Però è anche vero che da Leonardo non sarebbe mai uscito un Bosch, e men che meno da Bronzino...)

    Per Solimano: è vero, la scena con Pollack al biliardo è di quelle che rimangono in mente, e danno anche i brividi. Poi ci si chiede perché: all’apparenza non c’è niente che dia i brividi, stando alle immagini questa scena dovrebbe lasciare freddi e quella dell’orgia dovrebbe spaventare, e invece capita il contrario. “Il diavolo sta nei particolari”, si diceva una volta...
    Su Ligeti (e su Mozart) in questo film, dovrò tornarci su. Ma la musica per l’orgia (quella scritta su commissione) è davvero brutta e banale: conoscendo Kubrick, questo è un altro dettaglio – e io comincio ormai a ragionare come la signora del racconto di Thurber, quella che leggeva il Macbeth come se fosse un giallo chiedendosi chi era l’assassino...

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  7. Per Laura: il discorso sulle Vanitas continua sotto la voce Bernardo Bertolucci, e dintorni...

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  8. Grazie Giuliano, per la segnalazione! L'ho apprezzata davvero moltissimo e ti sono grata ( ti do del tu, va bene? ) Ho appena finito di leggere il tuo commento sulla scena di schiena della Kidman (e, comprendo bene quanto Nicole sappia recitare bene anche di spalle: il Bello non ha sesso nè parola) andando a cercare quei simboli riflessi di cui parli. Non ci avevo fatto caso (!). Concordo sulla scena del biliardo descritta benissimo con quella frase sul diavolo. E, accipicchia, quant'è vero che davanti all'imperfezione di un genio bisogna sempre chiedersi " perché? "
    Mi chiedo dove eravate, tu e Solimano.
    Ma forse, questo era il momento giusto.
    Grazie ancora!
    laura

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  9. Giuliano, è molto convincente l'associazione maschere-vecchiaia-morte. C'è in Eyes Wide Shut, lo hai trovato in Bioy Casares, c'è pure alla fine della Recherche, quando Marcel ritrova a una festa, invecchiati, tanti personaggi del romanzo. E dice proprio così: che i loro volti parevano delle maschere.
    Probabilmente si tratta di un archetipo universale: quando nascono le maschere funerarie, incorrotte e a guardia di un volto che va decomponendosi?

    Su Shining: io lo trovo quasi perfetto. M'hanno disturbato il personaggio del veggente nero, che interviene e viene massacrato -mi pare- senza necessità (o meglio, mi pare che introduca nel contesto claustrofobico dell'hotel un'apertura sull'esterno estranea al filo narrativo e psicologico principale); e la parte orgiastico-fantastica dell'allucinazione (mentre quella semirealistica del bar m'è parsa del tutto convincente).

    Ciao,
    Nicola

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  10. Caro Mazapegul, so bene di inimicarmi i milioni di fan di Stephen King, ma penso proprio che tutti i difetti di Shining vengano dal manico, cioè da King.
    Secondo me Kubrick si è innamorato di due o tre immagini, come dici bene tu, ma poi la storia era quella. Che fare?
    PS: ma poi continui col tuo blog per bambini?

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  11. Caro Giuliano, un libro di King ho provato a leggerlo, ma mi ha annoiato subito e l'ho mollato lì (ma mia moglie è una fan).
    Per riprendere il blog dei fanciulli attendo d'avere l'ADSL (sperando in Alice!). Il caricamento di poche immagini da connessione normale m'ha portato via due notti: così ho scoperto la necessità di alcuni progressi tecnologici.
    Ciao, Nicola

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