Non so bene quante volte sia stato usato, al cinema, l’Adagio per orchestra d’archi di Samuel Barber (americano, 1910-1981). E’ un brano breve, facilmente riconoscibile soprattutto per la sua bellezza: colpisce subito, entra in memoria e non lo si dimentica più. Viene di solito usato nei momenti drammatici ma pieni di pathos, come nel film di guerra “Platoon” di Oliver Stone; ricorda molto gli “adagi” e i tempi lenti di Haendel, o quelli di Mahler; ed è bello quasi quanto quelli scritti dai grandi compositori del passato.
Barber ha scritto tre volte il suo Adagio: l’originale come movimento di un Quartetto (op.11), poi la versione per orchestra d’archi, infine ne ha trasferito la melodia in un “Agnus Dei” per coro. E’ un compositore importante, uno dei primi grandi musicisti americani, autore di opere come “Vanessa” (1958, ancora in repertorio) e “Antonio e Cleopatra” (1966). I critici gli rimproverano la vena ottocentesca, cioè di essere rivolto al passato; ma a noi posteri la cosa non interessa più di tanto, perché in questo anno 2007 anche Arnold Schoenberg e György Ligeti ormai appartengono al passato.
http://it.youtube.com/watch?v=lV3SHBFyDZM
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