sabato 21 luglio 2007

I caratteri nel cinema: Brancaleone da Norcia

Solimano
Una sera del 1966 andavo in treno verso Roma, non mi ricordo se prima o dopo Orvieto. Guardando fuori dal finestrino fui colpito dalla visione del tutto inattesa di una luce di fotoelettriche sotto l'arcata di un ponte o di un acquedotto antico. Nella zona illuminata si distingueva benissimo un grande cavallo dipinto di giallo: era Aquilante, la mala bestia di Brancaleone da Norcia.
Brancaleone (Vittorio Gassman) araldicamente non ha tutti i quarti in regola, in questo, e non solo, assomiglia a Kikuchiyo (Toshiro Mifune), che ne I sette samurai sventola una pergamena piuttosto farlocca. Brancaleone è venuto in possesso di un'altra pergamena e, ambizioso com'é, procede con l'armata che da lui prende il nome verso la conquista del feudo di Aurocastro, in Puglia. Intanto, compie diverse imprese nell'Italia centrale, fra Lazio, Toscana ed Umbria.
E' coraggioso, generoso, cavalleresco, eloquente, tutte qualità indossate su una natura di fondo selvatico-agreste, che a volte l'aiuta a volte lo danneggia. Il suo problema principale è di essere uno spiantato: le armi, il cavallo, la sua messa in scena - compresa la capigliatura - non corrispondono all'ampiezza dei suoi desideri.
Ha una forte tendenza ad andare a sbattere, un po' per destino non felice, un po' perché se le cerca, forse per mostrare a sé stesso come riuscirà a saltarne fuori. Non si scoraggia mai, neppure quando si trova appeso a venti centimetri da un palo aguzzo. L'armata non è numerosa né ben fornita di armamenti e di cibarie, però gli è a suo modo fedele, anche perché altre alternative non se ne vedono.
Gli si associa durante il viaggio un nobile bizantino spodestato, Teofilatto dei Leonzi (Gian Maria Volontè) di cui forse non c'è molto da fidarsi, ma Brancaleone è uno che apprezza l'amicizia e Teofilatto gli sembra un personaggio con maggior uso di mondo di lui, più rifinito - così dovevano apparire i bizantini in pieno medioevo.
Da buon cavaliere, le donne sono al centro della sua attenzione, anche perché, col fisico che ha, può piacere, ma è un tema in cui Brancaleone riceve delusioni. Gli capita una vedova molto piacente (Maria Grazia Buccella), ma proprio mentre sono in pieno prenditi-dammiti-cuccurucù, apprende che in quel paese c'è il contagio di peste, e gli tocca andarsene di corsa. Giunto al castello dei bizantini, trova Teodora (Barbara Steele) verso di lui disponibile, ma anche lì gli tocca scappare: a Teofilatto non è riuscito il colpo di farsi accettare dal suo singolare parentado.
Ma soprattutto Matelda (Catherine Spaak). Brancaleone l'ha salvata dai briganti compiendo atti eroici, mentre la giovane era accompagnata dal promesso sposo. Matelda è presa di Brancaleone, lo vorrebbe per sé, ma lui, cavaliere integerrimo - e uomo ingenuo - resiste alle profferte. Teofilatto, nella notte, approfitterà a favore suo del risentimento di Matelda.
Malgrado tutto ciò, Brancaleone è soccorso dalla purezza d'animo che gli consente di superare i guai, anche se la faccenda di Matelda gli brucerà per sempre, ma si può anche sbagliare per eccesso di cavalleria, quando si esce dalla zolla come lui.
Ma l'ultimo guaio, quello del palo aguzzo, sarebbe il guaio definitivo se il frate Zenone (Enrico Maria Salerno) non convincesse tutti ad andare in Terra Santa a fare le crociate, chissà se in base a notizie più fresche riuscirò a raccontare quali guai e quali opportunità incontrerà.
Sono comunque sicuro che il suo carattere che ha una cocciutaggine da Don Chisciotte in anticipo di qualche secolo, riuscirà a coglier finalmente l'occasione, non può continuare ad andare in giro così sbrindellato, l'armata potrebbe disertare, benché i suoi appelli siano sempre eloquenti, detti in un linguaggio che Brancaleone costruisce apposta, difatti le usiamo ancora, certe frasi costruite proprio da lui.

1 commento:

  1. Prima di iniziare a parlare di Brancaleone, un rispettoso inchino e una gran risata.

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