Giuliano
All’origine, “Fra Diavolo” è un’opera lirica (quasi un’operetta) musicata dal francese Daniel Auber (1782-1871, allievo di Cherubini) nel 1830. Racconta la storia del famoso brigante italiano, nativo della Valle d’Itria, ovviamente in forma leggera e romanzata. Non è niente di memorabile, ma ha un paio d’arie piacevoli entrate in repertorio.
Agli inizi del cinema sonoro, negli anni 30 del Novecento, portare le operette al cinema sembrò un’ottima idea; e forse il pubblico apprezzava, all’epoca. Fu così che Stan Laurel e Oliver Hardy si ritrovarono a fare i servitori di Fra Diavolo, nel 1933, sotto la regia del fedele Hal Roach.
Che dire? Quello che sappiamo tutti: che la parte musicale e cantata la si può tranquillamente buttare via, invece le parti dove ci sono Stanlio e Ollio sono da antologia del cinema. I due giganti sono in forma meravigliosa, e in “Fra Diavolo” ci sono alcune delle loro invenzioni più grandi.
L’opera di Auber scompare, in questa grande festa di felicità. Ne rimane ben poca cosa, forse solo il ricordo dell’aria di Fra Diavolo (“Quell’uom dal fiero aspetto...”) e l’aria della serva che si guarda nello specchio e si trova bella, che nella trama ha una sua importanza e che qui viene mantenuta come gag, una trovata che però scompare subito dalla memoria, davanti a tutto quel ben di Dio che ci troviamo davanti.
NB: la scena di Stanlio che travasa il vino viene proseguita in “ The Bohemian Girl”, con esiti altrettanto memorabili. Si tratta dell’adattamento di un’altra operetta, stavolta inglese (di Michael W. Balfe, 1843) dove Stanlio e Ollio sono due zingari che allevano con immenso amore una trovatella che si rivelerà la loro fortuna.
All’origine, “Fra Diavolo” è un’opera lirica (quasi un’operetta) musicata dal francese Daniel Auber (1782-1871, allievo di Cherubini) nel 1830. Racconta la storia del famoso brigante italiano, nativo della Valle d’Itria, ovviamente in forma leggera e romanzata. Non è niente di memorabile, ma ha un paio d’arie piacevoli entrate in repertorio.
Agli inizi del cinema sonoro, negli anni 30 del Novecento, portare le operette al cinema sembrò un’ottima idea; e forse il pubblico apprezzava, all’epoca. Fu così che Stan Laurel e Oliver Hardy si ritrovarono a fare i servitori di Fra Diavolo, nel 1933, sotto la regia del fedele Hal Roach.
Che dire? Quello che sappiamo tutti: che la parte musicale e cantata la si può tranquillamente buttare via, invece le parti dove ci sono Stanlio e Ollio sono da antologia del cinema. I due giganti sono in forma meravigliosa, e in “Fra Diavolo” ci sono alcune delle loro invenzioni più grandi.
L’opera di Auber scompare, in questa grande festa di felicità. Ne rimane ben poca cosa, forse solo il ricordo dell’aria di Fra Diavolo (“Quell’uom dal fiero aspetto...”) e l’aria della serva che si guarda nello specchio e si trova bella, che nella trama ha una sua importanza e che qui viene mantenuta come gag, una trovata che però scompare subito dalla memoria, davanti a tutto quel ben di Dio che ci troviamo davanti.
NB: la scena di Stanlio che travasa il vino viene proseguita in “ The Bohemian Girl”, con esiti altrettanto memorabili. Si tratta dell’adattamento di un’altra operetta, stavolta inglese (di Michael W. Balfe, 1843) dove Stanlio e Ollio sono due zingari che allevano con immenso amore una trovatella che si rivelerà la loro fortuna.
Mi ero dimenticato del titolo originale del film: “The brother of the devil”, cioè “il fratello del demonio”. Sembra un film di Frankenstein: chissà cosa avranno pensato gli spettatori americani davanti alla locandina... E’ una traduzione letterale, ma anche demenziale. Di quelle da computer, che spesso hanno esiti che fanno ridere quasi quanto l’italiano di Stanlio e Ollio...
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