The Day of the Locust di John Schlesinger (1975) Romanzo di Nathanael West, Sceneggiatura di Waldo Salt Con Donald Sutherland, Karen Black, Burgess Meredith, William Atherton, Geraldine Page, Bo Hopkins, Pepe Serna Musica: John Barry Fotografia: Conrad L. Hall (144 minuti) Rating IMDb: 7.1
Solimano
A detta di molti critici questo film è ambizioso e fallito, ma è un fallimento che dura più del perfettismo di certi film che uscivi dal cinema contento e il giorno dopo già te l'eri scordato, quel film, che aveva da dire solo la sua perfezione di prodotto. Il tema è importante, forse oggi più di ieri: la speranza delusa e la conseguente disperazione, che può tracimare in violenza. E’ un tema che riguarda i tanti che si dibattono fra i due poli, speranza e disperazione, finché un giorno di accorgono che l’errore era proprio nella premessa, cioè nella speranza, che non è l’ultima dea ma la prima fregatura. Troppo si dà per scontato a questo riguardo, dico solo che speranza e desiderio non sono la stessa cosa e che se ci manteniamo sulla zattera del desiderio accudendola con cura possiamo fare a meno delle fughe in avanti (o all’indietro?) della speranza. Il giorno della locusta è, nel cinema, un film sul cinema e sulle trappole che il cinema dissemina per la variegata umanità della Hollywood degli anni Trenta che attorno al cinema si aggira sperando di entrarci. Le trappole esistono anche per noi, il fascino del cinema è talvolta venefico. Tod Hackett (William Atherton) arriva ad Hollywood per farsi strada come scenografo, è costretto ad abitare in un appartamento piccolo e mal ridotto, c’è perfino un buco nel muro: lui su quel buco infila una rosa rossa, per celarlo. E’ bravo nel suo lavoro, creativo e organizzato, ma conosce la vicina Faye Greener (Karen Black), aspirante attrice, e a suo modo se ne innamora. Ma i soldi servono, e Faye affascinerà il sessualmente represso Homer Sympson (Donald Sutherland) che un po’ di soldi li ha. Detta così, sembra una storia lineare, ma tutto è diverso da quello che sembra, una delle chiavi per capire è che Faye non persegue veramente il successo nel cinema, ma l’autodistruzione, anche attraverso il sesso. Le storie sono tante, si incrociano, si sovvertono, si interrompono, e Schlesinger mescola il fascino inevitabile col sistematico squallore. E’ come trovarsi sulla porta del paradiso che ti si chiude davanti proprio mentre stai per entrare. Il film è aiutato dal fatto che Karen Black è magnificamente fuori parte, quindi recita guardando il suo personaggio dal di fuori. Il film è eccessivo, debordante, contraddittorio: quando stai per lasciarti prendere, acidamente il regista ottiene che tu conservi le distanze, in modo da poter giudicare. E' anche un film sociale, sul comportamento di una folla che perde il controllo ed è disposta persino al linciaggio pur di sfogare il proprio disagio. Altro argomento attualissimo, vediamo come si è modificato il modo di ragionare in questa epoca senza sicurezze, che perciò cerca soluzioni facili e violente. Il crollo della collina fittizia durante le riprese di un film è un po’ come un castello di carte, che proprio nel momento che stai per dire :”Che bello che l’ho fatto”, collassa in carte sparse sul tavolo. Il cinema, un certo tipo di cinema è stato ed è anche questo: dare corpo fittizio come la collina che crolla, ma comunque corpo alla pulsione di speranza di una folla apparentemente potente, in realtà solo pericolosa, perché la disperazione sociale deve pure trovare una sua via di sfogo. Alla fine Tod deciderà di andarsene da Hollywood e Faye chissà, proseguirà la sua strada in cui ogni tanto si affaccia anche la prostituzione: i soldi servono, solo che Faye apparentemente lotta per il successo, solo che quando potrebbe ottenerlo sistematicamente sbaglia. Mi sento estraneo al tormentone libro/film, ma dopo aver visto Il giorno della locusta desideravo leggere il libro di Nathanael West, non per verificare le concordanze e le differenze ma per leggere come racconta il finale: una folla illusa - quindi delusa - che si sfoga con l’incendio, la violenza, il linciaggio. Il giorno della locusta dice troppo e a volte dice male, ma un fallimento così serve ancora oggi.
Solimano
A detta di molti critici questo film è ambizioso e fallito, ma è un fallimento che dura più del perfettismo di certi film che uscivi dal cinema contento e il giorno dopo già te l'eri scordato, quel film, che aveva da dire solo la sua perfezione di prodotto. Il tema è importante, forse oggi più di ieri: la speranza delusa e la conseguente disperazione, che può tracimare in violenza. E’ un tema che riguarda i tanti che si dibattono fra i due poli, speranza e disperazione, finché un giorno di accorgono che l’errore era proprio nella premessa, cioè nella speranza, che non è l’ultima dea ma la prima fregatura. Troppo si dà per scontato a questo riguardo, dico solo che speranza e desiderio non sono la stessa cosa e che se ci manteniamo sulla zattera del desiderio accudendola con cura possiamo fare a meno delle fughe in avanti (o all’indietro?) della speranza. Il giorno della locusta è, nel cinema, un film sul cinema e sulle trappole che il cinema dissemina per la variegata umanità della Hollywood degli anni Trenta che attorno al cinema si aggira sperando di entrarci. Le trappole esistono anche per noi, il fascino del cinema è talvolta venefico. Tod Hackett (William Atherton) arriva ad Hollywood per farsi strada come scenografo, è costretto ad abitare in un appartamento piccolo e mal ridotto, c’è perfino un buco nel muro: lui su quel buco infila una rosa rossa, per celarlo. E’ bravo nel suo lavoro, creativo e organizzato, ma conosce la vicina Faye Greener (Karen Black), aspirante attrice, e a suo modo se ne innamora. Ma i soldi servono, e Faye affascinerà il sessualmente represso Homer Sympson (Donald Sutherland) che un po’ di soldi li ha. Detta così, sembra una storia lineare, ma tutto è diverso da quello che sembra, una delle chiavi per capire è che Faye non persegue veramente il successo nel cinema, ma l’autodistruzione, anche attraverso il sesso. Le storie sono tante, si incrociano, si sovvertono, si interrompono, e Schlesinger mescola il fascino inevitabile col sistematico squallore. E’ come trovarsi sulla porta del paradiso che ti si chiude davanti proprio mentre stai per entrare. Il film è aiutato dal fatto che Karen Black è magnificamente fuori parte, quindi recita guardando il suo personaggio dal di fuori. Il film è eccessivo, debordante, contraddittorio: quando stai per lasciarti prendere, acidamente il regista ottiene che tu conservi le distanze, in modo da poter giudicare. E' anche un film sociale, sul comportamento di una folla che perde il controllo ed è disposta persino al linciaggio pur di sfogare il proprio disagio. Altro argomento attualissimo, vediamo come si è modificato il modo di ragionare in questa epoca senza sicurezze, che perciò cerca soluzioni facili e violente. Il crollo della collina fittizia durante le riprese di un film è un po’ come un castello di carte, che proprio nel momento che stai per dire :”Che bello che l’ho fatto”, collassa in carte sparse sul tavolo. Il cinema, un certo tipo di cinema è stato ed è anche questo: dare corpo fittizio come la collina che crolla, ma comunque corpo alla pulsione di speranza di una folla apparentemente potente, in realtà solo pericolosa, perché la disperazione sociale deve pure trovare una sua via di sfogo. Alla fine Tod deciderà di andarsene da Hollywood e Faye chissà, proseguirà la sua strada in cui ogni tanto si affaccia anche la prostituzione: i soldi servono, solo che Faye apparentemente lotta per il successo, solo che quando potrebbe ottenerlo sistematicamente sbaglia. Mi sento estraneo al tormentone libro/film, ma dopo aver visto Il giorno della locusta desideravo leggere il libro di Nathanael West, non per verificare le concordanze e le differenze ma per leggere come racconta il finale: una folla illusa - quindi delusa - che si sfoga con l’incendio, la violenza, il linciaggio. Il giorno della locusta dice troppo e a volte dice male, ma un fallimento così serve ancora oggi.
è in libreria Il giorno della locusta, un classico dimenticato, adesso finalmente ristampato e comparso sugli scaffali
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