Star Wars di George Lucas (1977) Soggetto e sceneggiatura di George Lucas Con Mark Hamill, Carrie Fischer, Harrison Ford, Alec Guinness Musica: John Williams Fotografia: Gilbert Taylor Effetti speciali: Industrial Light & Magic (127 minuti) Rating IMDb: 8,8
Roby
Il 25 maggio del 1977 usciva nelle sale cinematografiche americane un filmettino su cui quasi nessuno -eccetto Lucas e l'amico Steven Spielberg- avrebbe scommesso un cent, tanto che la TwentyCenturyFox, scettica sulla riuscita del progetto, già meditava di riciclarlo in quattro e quattr'otto come tv-movie. Invece, al botteghino, fu l'apoteosi. Da noi arrivò in inverno, preceduto dalla sua già consolidata fama, ed il successo si ripetè. Cosa non del tutto scontata, perchè non sempre i gusti d'oltreoceano coincidono con i nostri, specialmente per quanto riguarda il genere fantascienza: vedi ad esempio il caso della saga di Star Trek, a me carissima, ma che certamente da noi non può contare sugli stuoli di fans del nuovo continente. Io Guerre stellari lo vidi al mare, l'anno dopo, in uno di quei cinema all'aperto che forse non esistono nemmeno più, con la fastidiosa compagnia delle zanzare (avevo dimenticato l'Autan!) e l'altrettanto becero accompagnamento dei soliti ragazzini terribili che commentavano a voce altissima tutte le scene, magari anticipandole perchè le avevano già viste più volte. Non so dire se mi piacque davvero o no, ma per una serata estiva andava più che bene: mi innamorai all'istante di Harrison Ford, scanzonato pirata dello spazio, mentre mia sorella B. stravedeva per l'attore che interpretava il giovane Luke Skywalker e mia sorella A. sosteneva invece, perentoria, che a lei non piaceva nessuno dei due (atteggiamento tipico per lei, che ancora non molti anni fa dichiarò di non trovare nulla di fisicamente attraente nel Gladiatore di Russell Crowe, affermazione a mio parere inconcepibile in una donna sana di mente). Insomma, quella sera dell'agosto 1978 per me "Guerre stellari" significò soltanto una favola moderna, divertente al punto giusto, senza infamia e senza lode. Soltanto dopo -molto dopo- ho scoperto che Lucas per la storia si è ispirato addirittura ad un film di Kurosawa, La fortezza nascosta, dal quale sono presi pari pari anche i personaggi del saggio Obi Wan Kenobi e della principessa Leila. Per non parlare delle citazioni dei classici western e del genere cappa e spada, un tempo ambientato sulle navi corsare ed ora collocato su astronavi in orbita fra le galassie: ma in fondo, sempre di vascelli e di "navigazione" si tratta, benchè i colpi di cannone siano stati sostituiti dai raggi laser e le sonde spaziali abbiano preso il posto del vecchio cannocchiale. Dopo il primo episodio (che poi non sarebbe il primo ma il quarto, visto che la saga completa comprendeva fin dall'inizio sei capitoli, tre dei quali dovevano essere però precedenti ai primi... bah! Troppo complicato! Ci rinuncio!), dopo il primo, dicevo, venne il seguito, "L'impero colpisce ancora", e poi il seguito del seguito, "Il ritorno dello jedi". Li vidi tutti, religiosamente attenta, e la mia infatuazione per Harrison-Han Solo aumentò (sarebbe confluita, più tardi, nella passione travolgente per Indiana Jones: ahimè, peccati di gioventù!). Certo, gli effetti speciali erano quanto di più all'avanguardia esistesse all'epoca, anche se oggi la computer-grafica li fa sembrare roba da bambini. Ma l'effetto che ricordo come più impressionante, per me, non aveva nulla a che fare con i "trucchi" elettronici. La cosa che veramente mi lasciò senza fiato, alla fine del secondo film della serie, fu la rivelazione che il "cattivo" della storia, Dart Fener (non a caso chiamato nella versione anglosassone Darth Vader) era in realtà il padre dell'eroe buono. Davanti alle esplosioni di asteroidi, alle immagini olografiche che appaiono come per magia sul quadro di comando dell'astronave ed altre diavolerie del genere non facevo una piega, come del resto molti degli spettatori in sala: ma l'"epifania" finale, nella scia della miglior commedia antica, quella sì, che mi sembrò supermegagalattica! Piccolissimo esempio di come, a volte, per sorprendere veramente il pubblico i vecchi sistemi siano quelli più infallibili. Con buona pace di tutti i siluri fotonici dell'universo. E che la forza -naturalmente- sia sempre con voi.
Roby
Il 25 maggio del 1977 usciva nelle sale cinematografiche americane un filmettino su cui quasi nessuno -eccetto Lucas e l'amico Steven Spielberg- avrebbe scommesso un cent, tanto che la TwentyCenturyFox, scettica sulla riuscita del progetto, già meditava di riciclarlo in quattro e quattr'otto come tv-movie. Invece, al botteghino, fu l'apoteosi. Da noi arrivò in inverno, preceduto dalla sua già consolidata fama, ed il successo si ripetè. Cosa non del tutto scontata, perchè non sempre i gusti d'oltreoceano coincidono con i nostri, specialmente per quanto riguarda il genere fantascienza: vedi ad esempio il caso della saga di Star Trek, a me carissima, ma che certamente da noi non può contare sugli stuoli di fans del nuovo continente. Io Guerre stellari lo vidi al mare, l'anno dopo, in uno di quei cinema all'aperto che forse non esistono nemmeno più, con la fastidiosa compagnia delle zanzare (avevo dimenticato l'Autan!) e l'altrettanto becero accompagnamento dei soliti ragazzini terribili che commentavano a voce altissima tutte le scene, magari anticipandole perchè le avevano già viste più volte. Non so dire se mi piacque davvero o no, ma per una serata estiva andava più che bene: mi innamorai all'istante di Harrison Ford, scanzonato pirata dello spazio, mentre mia sorella B. stravedeva per l'attore che interpretava il giovane Luke Skywalker e mia sorella A. sosteneva invece, perentoria, che a lei non piaceva nessuno dei due (atteggiamento tipico per lei, che ancora non molti anni fa dichiarò di non trovare nulla di fisicamente attraente nel Gladiatore di Russell Crowe, affermazione a mio parere inconcepibile in una donna sana di mente). Insomma, quella sera dell'agosto 1978 per me "Guerre stellari" significò soltanto una favola moderna, divertente al punto giusto, senza infamia e senza lode. Soltanto dopo -molto dopo- ho scoperto che Lucas per la storia si è ispirato addirittura ad un film di Kurosawa, La fortezza nascosta, dal quale sono presi pari pari anche i personaggi del saggio Obi Wan Kenobi e della principessa Leila. Per non parlare delle citazioni dei classici western e del genere cappa e spada, un tempo ambientato sulle navi corsare ed ora collocato su astronavi in orbita fra le galassie: ma in fondo, sempre di vascelli e di "navigazione" si tratta, benchè i colpi di cannone siano stati sostituiti dai raggi laser e le sonde spaziali abbiano preso il posto del vecchio cannocchiale. Dopo il primo episodio (che poi non sarebbe il primo ma il quarto, visto che la saga completa comprendeva fin dall'inizio sei capitoli, tre dei quali dovevano essere però precedenti ai primi... bah! Troppo complicato! Ci rinuncio!), dopo il primo, dicevo, venne il seguito, "L'impero colpisce ancora", e poi il seguito del seguito, "Il ritorno dello jedi". Li vidi tutti, religiosamente attenta, e la mia infatuazione per Harrison-Han Solo aumentò (sarebbe confluita, più tardi, nella passione travolgente per Indiana Jones: ahimè, peccati di gioventù!). Certo, gli effetti speciali erano quanto di più all'avanguardia esistesse all'epoca, anche se oggi la computer-grafica li fa sembrare roba da bambini. Ma l'effetto che ricordo come più impressionante, per me, non aveva nulla a che fare con i "trucchi" elettronici. La cosa che veramente mi lasciò senza fiato, alla fine del secondo film della serie, fu la rivelazione che il "cattivo" della storia, Dart Fener (non a caso chiamato nella versione anglosassone Darth Vader) era in realtà il padre dell'eroe buono. Davanti alle esplosioni di asteroidi, alle immagini olografiche che appaiono come per magia sul quadro di comando dell'astronave ed altre diavolerie del genere non facevo una piega, come del resto molti degli spettatori in sala: ma l'"epifania" finale, nella scia della miglior commedia antica, quella sì, che mi sembrò supermegagalattica! Piccolissimo esempio di come, a volte, per sorprendere veramente il pubblico i vecchi sistemi siano quelli più infallibili. Con buona pace di tutti i siluri fotonici dell'universo. E che la forza -naturalmente- sia sempre con voi.
Roby, io me lo sono goduto alla grande questo film, per alcune ragioni.
RispondiEliminaTroppo forte il rapporto fra Han Solo e la Principessa Leia Organa, che non è come quelle brutte però con i soldi che uno le cerca per farsi strada, bruttina la sarebbe, Carrie Fisher, ma la gioca talmente fra ingenuità e acutezza, orgoglio e spirito da tenere sulla corda il pupazzone magnifico Harrison Ford, relata refero, non ho ancora trovato una donna che non fosse innamorata di lui quando era Han Solo. La Principessa Leia Organa sarebbe una da sposare, anche a parte i soldi.
Poi mi è piaciuta la fantasia animalistica, specie nelle scene sublimi nel bar-saloon; sono tornato nel mondo dei grandi fumetti avventurosi in cui ero cresciuto.
Infine, lo ammetto, un po' mi sono identificato in Chewbacca, sarà grave?
saludos
Solimano
Forse è un po’ troppo per un film così piacevole, però dietro a “Guerre Stellari” c’è molto Jung. Non sono un esperto, ma so che nei suoi libri Carl Gustav Jung teorizza apertamente che la Trinità è insufficiente, e che bisogna aggiungerle un quarto elemento: il lato oscuro, per l’appunto. Non è un discorso teologico ma da psichiatra: se non prendiamo coscienza del nostro lato oscuro rischiamo seri pericoli. Il punto di partenza del ragionamento di Jung è il Libro di Giobbe, che comincia con Dio e la “parte oscura” che discutono alla pari (se avete in casa la Bibbia potete provare a leggere la loro chiacchierata), e prosegue con il Faust di Goethe dove è ripreso lo stesso dialogo. E adesso che ci penso, mi è venuto in mente un libro che ho letto l’anno scorso, dove il grande studioso di religioni Joseph Campbell parla molto di cinema: parla di John Wayne ma soprattutto di “Guerre Stellari”, che allora era appena uscito: si tratta di “Il potere del mito”, editore Guanda – e magari più avanti proverò a ricopiarne qualche brano perché ne vale la pena.
RispondiEliminaPS: Un discorso analogo si può fare per “Il signore degli anelli”, dove però le fonti sono molto più numerose: Wagner, il Mahabharata, la mitologia nordica e quella greca, un bel mix di religioni passate e presenti, e ancora Carl Gustav Jung, che in quanto a fantasia non era secondo a nessuno.
Solimano, avendoti conosciuto di persona, e sperando di rivederti presto, posso testimoniare che tu e Chewbacca -per lo meno esternamente- non avete nulla in comune (senza offesa per il peloso e gigantesco alieno): magari spiritualmente sì, vista la lealtà, il coraggio e la rettitudine morale del nostro eroe, sempre pronto a combattere le malvagie forze dell'Impero. Concordo sulla magia delle scene nel bar-saloon intergalattico, che devono essere costate mesi di lavoro a scenografi, costumisti e truccatori (un Oscar toccò anche a loro?).
RispondiEliminaGiuliano, devo avere da qualche parte in casa una Bibbia: adesso vado a cercarla per dare una sbirciatina al libro di Giobbe, riguardo al quale mi hai messo una gran curiosità!
Roby
PS: lo dico a voce bassissima perchè qualcuno potrebbe aversene a male: io la trilogia del "Signore degli Anelli" non la reggo proprio. Sarà forse perchè non la capisco??? Sono gradite spiegazioni in merito...
Roby, a me i film di fantasia e di avventura piacciono molto, a un patto: che abbiano in sé una componente di ironia e di autoironia più o meno dichiarata ma reale. Per cui mi piace Guerre Stellari nelle parti apparentemente secondarie, non neele lotte fra imperi di cui non me ne può fregare di meno.
RispondiEliminaE mi piacevano i primissimi 007, specie il secondo, Dalla Russia con Amore, perché Sean Connery è un maestro di autoironia, ne sono quasi innamorato, ma sarà una cosa del tutto platonica, ci sta bene così a tutti e due.
E il Ladro di Bagdad, L'inseguimento della Pietra Verde,
Alla ricerca dell'Arca perduta, Le miniere di Re Salomone, come vedi scavalco i decenni, perché in film così l'atteggiamento interiore è sempre lo stesso, è quello di un ragazzo che cammina nell'orto con un bastoncello in mano inventandosi delle storie fantastiche, chi non ha avuto questa esperienza da piccolo non sa che cosa ha perso. Il cinema sembra nato proprio per queste cose, peccato che privilegino dei significati riposti piuttosto acrobatici oppure, che è il difetto opposto, una tecnologia modernista che non c'entra nulla con quello che deve esserci in questi film: fantasia in azione.
Fantasia vuol dire creatività, una cosa (proprio una cosa!) che ci fa stare bene.
saludos
Solimano
Solimano, grazie per la foto, BELLISSIMA!!!Quello è proprio l'Harrison Ford di cui mi ero innamorata allora!!!!! Hai elencato una serie di film d'avventura che fanno parte ormai da anni anche del mio immaginario: come ce li dividiamo? Facciamo testa o croce? E nel frattempo, qualcun altro ce li "soffierà"...
RispondiEliminaBaci
Roby
Roby, stavo per scriverti, non volevo che te la prendessi, ma mi sembrava il caso di mettere il trio: la trovo una immagine bella e buffa, come i burattini della domenica, lo spirito è quello.
RispondiEliminaChe poi, una può chiamarsi pure Gisella De Togni, ma vuoi mettere... Principessa Leia Organa è tutto un altro affare.
Sono contento perché mi è arrivato a casa il libro di Sabelli Fioretti appena uscito, "La mia vita è come un blog": le ultime quattro pagine, quelle con cui si chiude, sono tutte del mio post "La grande magnata", mi piacerebbe riuscire sempre a scrivere così, ma ogni tanto capita, proprio quando non si cerca di scrivere bene, ma si va in presa diretta, sistemando solo dopo con calma. Più facile farlo che raccontarlo.
Non c'è più problema di concorrenza: lo stesso film è diverso se visto dall'uno o dall'altro, al limite è diverso se visto a distanza di tempo dalla stessa persona. Fare così non significa però svaccare, per quello c'è sempre tempo.
Quindi avremo Pulp fiction(1), Pulp fiction(2), Pulp fiction(3) etc etc. L'unico problema è per certi film di cui si fa fatica a procurarsi delle immagini, ma se ci siamo riusciti per Le soulier de satin di De Oliveira, si può sperare.
saludos
Solimano