tag:blogger.com,1999:blog-344684100306295084.post4451059540564180588..comments2024-03-06T11:14:53.119+01:00Comments on Abbracci e pop corn: Il disprezzoSolimanohttp://www.blogger.com/profile/17301547043674128905noreply@blogger.comBlogger1125tag:blogger.com,1999:blog-344684100306295084.post-61858438220692698322007-05-11T12:07:00.000+02:002007-05-11T12:07:00.000+02:00Inserisco una recensione di Romano Zanarini, uscit...Inserisco una recensione di Romano Zanarini, uscita su "Vent'anni di cinema d'essai" Grafis, Bologna, 1989:<BR/> <BR/>"Nella copiosa produzione godardiana Il disprezzo occupa un posto singolare. È infatti l’unico film tra quelli realizzati fino ad oggi dal regista francese che trae spunto da un romanzo di una certa consistenza. Godard è infatti abituato a lavorare su canovacci provvisori, su materiali occasionali che vanno dalla novella “thrilling”, all’inchiesta sociologica pubblicata da “Nouvel Observateur”, al fatto di cronaca. L’importante – per Godard – è insomma partire da un’idea di fondo che va sviluppata in termini cinematografici. Ma nemmeno di fronte al romanzo omonimo di Moravia, Godard ha giustamente ritenuto opportuno cambiare metodo di lavoro. Se, infatti, i personaggi e gli avvenimenti del romanzo trovano grosso modo una collocazione analoga nel film, lo stile di Godard sgombera il terreno dall’equivoco di una presunta “fedeltà” al lavoro di Moravia. Per altro il giudizio di Godard sul romanzo non è affatto benevolo: “un vulgaire et joli roman de gare” e ciò che interessa al regista è quindi, ancora una volta, il dato di partenza. Convinto com’è che filmare è atto creativo immediatamente diverso dallo scrivere, Godard non si affanna ad insistere in un’analisi di sentimenti. Il disprezzo provato da Camilla per il marito è utilizzato dal regista per creare un clima equivoco intorno ad un discorso sul cinema, su chi lo fa fuori e dentro il film. Non a caso in una sequenza appare un manifesto del celebratissimo Viaggio in Italia di Rossellini. Il disprezzo è anch’esso un “viaggio in Italia” di un autore cinematografico alla ricerca di una definizione più precisa, più avanzata del suo stile. Abbandonata definitivamente la tendenza del realismo cinematografico presente in A bout de souffle, Godard è ancora alla ricerca dell’elemento pamphletistico che caratterizzerà La chinoise, rafforza il gusto della citazione (Rossellini, Lang, Lumière ad esempio) per caricare il film in direzione provocatoria, amplifica la scenografia per coinvolgervi direttamente i personaggi (la lunga sequenza nella casa romana tra Paul e Camilla), trae spunto da un film in lavorazione (L’Odissea di Lang) per attribuire al Disprezzo una dimensione di work in progress. Dimensione esatta, come hanno dimostrato i produttori. I quali – ed in particolare Carlo Ponti – hanno proseguito l’opera di Godard quando il regista la riteneva compiuta. Tanto che l’edizione italiana di Le mépris – la stessa che malauguratamente circola anche nella attuale riedizione – non viene riconosciuta da Godard In un’intervista concessa alla rivista “Filmcritica” (nn. 139/140, novembre/dicembre 1963) il regista esemplificava le manomissioni operate da Ponti sull’edizione italiana: il dialogo in presa diretta è stato sostituito dal doppiaggio che non tiene conto del fatto che ogni personaggio parla la sua lingua originale rendendo necessario l’intervento della traduttrice; il montaggio ha eliminato numerosi piani ed ha invertito le due scene finali incidendo sul “significato” stesso del film; il colore è stato alterato; la musica volutamente classicheggiante di Delerue è stata sostituita da quella di Piccioni, il quale l’ha naturalmente inserita dove e come gli pareva senza l’opinione di Godard. A questo punto sorge il dubbio se sia opportuno parlare di un film di Godard (Le mépris), quando ne abbiamo visto sostanzialmente un altro (Il disprezzo). Ma il guaio è che anche noi, come spettatori, siamo stati “abituati” a sottostare alle regole del gioco imposte da un produttore qualsiasi".Solimanohttps://www.blogger.com/profile/17301547043674128905noreply@blogger.com