venerdì 7 novembre 2008

Rosso come il cielo

Rosso come il cielo di Cristiano Bortone (2006) Sceneggiatura di Cristiano Bortone, Paolo Sasanelli, Monica Zapelli Con Francesco Campobasso, Luca Capriotti, Marco Cocci, Simone Colombari, Alessandro Fiori, Simone Gullì, Andrea Gussoni, Michele Iorio, Patrizia La Fonte, Francesca Maturanza, Norman Mozzato, Paolo Sassanelli Musica: Ezio Bosso Fotografia: Vladan Radovic (96 minuti) Rating IMDb: 7.8

Giulia sul suo blog Pensare in un'altra luce

E’ di grande attualità oggi il film “Rosso come il cielo” per l’argomento che tratta: l’handicap e in questo caso la cecità. E’ di grande attualità perché si parla poco di chi ha problemi, i riflettori non fanno più luce su di loro.
Il film è ispirato alla storia vera di Mirco Mencacci, non vedente, montatore del suono di grande talento. E’ il 1971.
Il bambino Mirco di 10 anni vive in un piccolo paese della Toscana. E’ un ragazzino di 10 anni intelligente e vivace, appassionato di cinema, soprattutto di film western e d’avventura. Suo padre fa il camionista ed è un attivista di sinistra, di quelli di una volta.

Un giorno, mentre Mirco gioca con un vecchio fucile, inavvertitamente parte un colpo che lo colpisce in pieno. Il ragazzino sopravvive ma perde la vista.
La legge italiana considerava in quel periodo chi era cieco un individuo “fuori gioco”, senza possibilità reali di inserirsi e vivere una vita normale nella società. Per questo viene mandato via dalla scuola pubblica e si propone ai genitori un istituto specializzato: il "David Chiossone" di Genova. Ai genitori non rimangono alternative: devono separarsi da lui per quello che veniva allora contrabbandato come il suo bene. «Il problema non è più quello che a Mirco piace fare, ma quello che può fare», spiega il direttore agli sconcertati genitori del bambino. «La libertà è un lusso che noi ciechi non possiamo permetterci», afferma in un altro passaggio del film.

La mamma non vorrebbe, ma di fronte ad una mancanza di vere alternativa soccombe anche lei.

Il bambino si ritroverà quindi in un mondo “separato” dalla realtà, senza l’affetto dei genitori proprio quando ne avrebbe avuto più bisogno.
Ma gli istituti religiosi avevano la convinzione che ad un handicappato è meglio non creare illusioni né frustrazioni inutili a contatto con la “normalità”. Meglio quindi l’istituto, per usare un eufemismo.
Mirco si ribella, non vuole accettare questo mondo né la sua condizione e viene spesso punito per questo.


Lo salveranno l’amicizia con Felice (a cui racconta come sono i colori) e con la figlia della portinaia , Francesca, che è vedente e rimane legata a lui da profondo affetto.
Sarà la sua creatività a rompere le sbarre di quel mondo buio e chiuso. La sua capacità di immaginazione lo aiuterà a non rassegnarsi e ad aggrapparsi alla vita.
Troverà un registratore a bobine: tagliando e riattaccando il nastro scopre di poter di registrare delle storie fatte solo di rumori. Per lui si apre un nuovo mondo.

Quando l’insegnante, ad esempio, assegna agli studenti il compito di raccontare le stagioni, Mirco decide di farlo registrando in un mangianastri i suoni della natura che cambia. Si fa aiutare da Francesca che gli sarebbe proibito incontrare, e riesce poi a coinvolgere man mano anche altri compagni del collegio.
Di nascosto, i bambini si incontrano per inventarsi prima i suoni della natura, poi di commento ad una storia di cavalieri e principesse.

La sua nuova attività è osteggiata naturalmente dall’istituzione religiosa. Ma Mirco non si arrende e continua la sua lotta in tutti i modi. Sarà il suo maestro ad aiutarlo, prima di nascosto facendogli trovare il registratore che il direttore gli aveva sequestrato, poi più apertamente sostenendo i suoi lavori.
Con l’aiuto di Francesca, poi, lui ed un gruppo di ragazzini escono di nascosto dal collegio per andare al cinema che sta dall’altro lato della strada. Per tutti l’esperienza è meravigliosa, ma la punizione non tarda: Mirco viene espulso dal collegio.

Mirco combatte la sua guerra personale mentre fuori dal collegio è in corso una battaglia più grande per cambiare la società. Siamo negli anni 70 e gli studenti sono in piazza.
Mirco aveva conosciuto e fatto amicizia con Ettore, uno studente universitario non vedente con forte coscienza politica e sensibilità sociale. Saputo dell’espulsione del ragazzino, Ettore spinge alla mobilitazione l’intera città. Studenti e lavoratori si presentano davanti all’istituto per ciechi minacciando di spegnere l’altoforno della città se il bambino non sarà riammesso. Di fronte alla mobilitazione gli eventi precipitano. La gestione dell’istituto viene messa sotto inchiesta. Mirco viene riammesso ed ottiene addirittura il permesso di cambiare il tema della recita di fine anno. Invece delle solite poesie di ispirazione religiosa, i ragazzini metteranno in scena la loro “favola sonora” di fronte ad un pubblico di genitori bendati…

Il film, finito nel 2004, è stato presentato come Evento Speciale Unicef alla prima edizione della Festa del Cinema di Roma dello scorso ottobre e ha da poco ottenuto la Menzione Speciale della Giuria al Cinekid Festival di Amsterdam e il Premio del Pubblico come Migliore Film Straniero al San Paolo International Film Festival.

Rosso come il cielo racconta la disabilità sottolineandone le potenzialità. Qui il vero cieco è il sistema educativo mortificante che «toglie ai bambini i loro sogni», come dice don Giulio, che nel finale proclama a gran voce che «la fantasia e il diritto alla normalità» sono cose cui nessuno dovrebbe rinunciare.
«Non sempre, dice Laing, l’uomo ha bisogno di sbarre per costruire gabbie. Le porte della nostra mente sono le più difficili da aprire».
Dentro di noi esistono pregiudizi che non sono il frutto di un atteggiamento psicologico individuale, quanto dell'espressione dei valori della società. E difficile pensare al di fuori delle categorie di cui disponiamo, delle parole che siamo abituati ad usare e a cui siamo soliti attribuire un determinato significato.

Alla parola "handicap" siamo abituati ad associare altri concetti che relegano ai margini individui di cui pochi hanno voluto scoprire le potenzialità. E se una persona ha un basso quoziente intellettivo è facile che ogni sua difficoltà venga più o meno sempre attribuita al "deficit intellettivo".
Queste sono le sbarre, i rigidi confini che non ci permettono di percorrere strade nuove: «II fatto che le persone normali - dice Goffman - sono in grado di muoversi, di vedere, di udire, non vuol dire che vedano o ascoltino». Può capitare però, a volte, che le sbarre siano spezzate e che i percorsi mentali che prima di allora credevamo obbligati subiscano dei cambiamenti. E questo il momento in cui le certezze si aprono al dubbio e lasciano intravedere orizzonti diversi.
«Si può vedere - dice Sacks - una stessa persona come irrimediabilmente menomata o ricca di promesse e di potenziale».
Oggi credo che nella nostra scuola a rischio siano anche questi ragazzi e vorrei che se ne parlasse. Vorrei che negli slogan che si urlano nelle piazze fosse presente anche il diritto alla scuola anche per loro.

8 commenti:

Giuliano ha detto...

E' davvero bello non essere da soli a fare questo blog. Io non ci sarei mai arrivato, e sarebbe stato un peccato perchè il soggetto di questo film è purtroppo diventato di grande attualitò.

Solimano ha detto...

Giulia ho messo l'etichetta anche alla Vista logica "I bambini" perché mi pare appropriato.

Mi è venuto in mente che cosa successe al Corso Base in cui per la prima volta partecipava un cieco. Gli americani erano molto attenti al discorso "equal opportunity", lo prendevano sul serio.
Il corso durava cinque mesi, noi sapevamo che arrivava per la prima volta un cieco e che l'attrezzatura tecnologica perché riuscisse a leggere sul video era perfettamente a punto. Il problema era chi lo gestisse etc etc. D'accordo che andava in giro col cane, ma i problemi c'erano.
Andò così. Quando cominciò il corso, con naturalezza, come fosse la cosa più ovvia di questo mondo, senza avvertire prima nessuno, il Direttore dell'Education si avviò verso l'aula col cieco sottobraccio, preoccupandosi di tutto di cui avesse bisogno. E non dicendo in nessun modo agli allievi come dovessero organizzarsi. Il risultato fu che si organizzarono con l'atteggiamento di chi esegue un normale adempimento e non ci fu nessun problema per tutti i cinque mesi del corso.
Così vanno affrontati questi aspetti, anche l'organizzazione più studiata può essere fonte di emarginazione.

grazie Giulia e saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con te. Solimano. C'è bisogno di naturalezza nell'approcio con i ciechi come con chi abbia altri tipi di handicap. Ma il rpoblema spesso è negli adulti, i ragazzi sono se non eductai male, molto più naturali di noi.
Saluti, Giulia

Anonimo ha detto...

Giuliano, se tu non saresti arrivato a questo film, io non sarei arrivata ad altri mille che evte affrontato voi. Ho imparato moltissimo in questo blog ed ho ancora molto da leggere perchè non è facile starvi dietro. Ma è questo il bello. Giulia

Anonimo ha detto...

Obs...errore madornale... se tu non sarresti.. che vergogna...! Qiualcuno lo cancelli per favore. :(

maria rosa ha detto...

A parte gli errori madornali...... questo blog mi ha lasciato sicuramente qualcosa.....
come pure la visione del film che può essere proposta ad un pubblico di bambini di scuola primaria dato il tema trattato sempre attuale...
maria rosa

Vera ha detto...

È un film straordinario: lo dovrebbero vedere tutti!!!

thoatulou ha detto...

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